6.6.14

NON PIANGERE, NON RIDERE, NON GIOCARE

"Chiuse gli occhi e immaginò di tenere per mano tutti gli altri bambini come lei: quelli che non potevano stare con i loro genitori, quelli che per starci dovevano vivere prigionieri in una stanza, quelli che alla fine avrebbero potuto piangere, ridere e giocare liberamente."

Mio figlio ha appena finito il primo anno di scuola primaria, ed è in una classe costituita per quasi la metà da immigrati (o meglio: da figli di immigrati) o da bambini che hanno un genitore arrivato da lontano.
Grazie al lavoro che stanno facendo i docenti e un po' spero anche per l'educazione che gli diamo, mio figlio vive questa situazione come una cosa normale. Per Andrea è normale che il suo compagno di banco ogni tanto dica cose in una lingua che lui non capisce, che la sua amica del cuore abbia i capelli annodati in treccine e che alcuni suoi compagni non festeggino le nostre ricorrenze religiose.
Una cosa che l'ha turbato invece molto profondamente è che un paio dei suoi compagni da settembre non saranno più a scuola con lui: durante l'estate si trasferiranno altrove per cercare una vita migliore, un lavoro che anche qui nel nord est d'Italia è difficile da trovare.



Per far affrontare a mio figlio la tematica dell'emigrazione ho pensato di leggere con lui un libro che ne parli con semplicità e onestà, e ho scelto: Non piangere, non ridere, non correre.

Racconta la storia di una bambina italiana degli anni Settanta, che vive in Svizzera da clandestina, con la sua mamma che fa l'operaia e che non può metterla in regola. Teresa, questo il nome della protagonista, passa le giornate da sola in un mini appartamento, non può fare rumore, non può svelare la sua presenza, per timore di essere scoperta e consegnata alla polizia che la farebbe rimpatriare.
Da questa routine sempre uguale la salvano un gatto, entrato per caso nella sua stanza dalla finestra sul tetto, e il suo padrone, un bambino del posto con cui inizierà un'amicizia molto bella e con il quale avrà qualche avventura a lieto fine.

Mi è piaciuto e ci è piaciuto questo libro, che ricorda vagamente Il diario di Anna Frank in chiave ovviamente molto meno drammatica: il gatto in questo caso è foriero di salvezza, e non ci sono amici che tradiscono ma che fanno quello che fanno gli amici: ti aiutano. Qui l'umanità è mostrata nel suo bello, nel suo lato gioioso e capace di dare fiducia e speranza, come dovrebbe essere sempre, non solo nei libri per i ragazzini.
Mi è piaciuta molto la figura della protagonista, che è una bambina fuori dagli schemi che siamo abituati a vedere negli spot della televisione per esempio: corre sui tetti, non si lascia intimorire anche se è timida, cerca l'appoggio del suo amico ma non ne è mai completamente succube, non le importa se la mamma la pettina come non vorrebbe, sa che quello che conta è visibile al suo amico senza bisogno di apparire bella.
Mi sono piaciute le mamme di questo bel romanzo: una fa l'operaia, l'altra l'avvocato, non sono solo mamme, ma donne che si realizzano o che provvedono al benessere anche materiale della loro famiglia, una cosa che purtroppo non ho trovato spesso nei libri per bambini che ho letto fino ad oggi. Spesso mio figlio mi chiede perchè le mamme degli spot o dei suoi librini non lavorano mai e io invece sì, questa volta ci siamo risparmiati una spiegazione.
Un ottimo esempio di buon libro, che consiglio davvero di cuore.

(Questo post partecipa al Venerdì del Libro di HomeMadeMamma e all'iniziativa Condividiamo un Libro del gruppo Facebook La Biblioteca di Filippo)




Non piangere, non ridere, non giocare
di Vanna Cercenà
illustrazioni di Francesca D'Ottavi
Lapis Edizioni
Anno di pubblicazione: 2014

Per info:
Lapis Edizioni
Vanna Cercenà
Francesca D'Ottavi


 

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